Personaggio del mese
“A scuola da Mogol per coltivare l’arte del dubbio”

Intervista a Gwydion Destefanis, compositore, musicista e cantautore, vincitore dell’ultima edizione del Festival Bologna Musica d’Autore per il Miglior testo

“A scuola da Mogol per coltivare l’arte del dubbio”

Destefanis, quando e come ha scoperto il mondo della musica?
La musica è sempre stata presente. Mio padre e mia madre sono ottimi ascoltatori e nella nostra casa c'è sempre stato un impianto che diffondeva musica. Musica di ogni tipo, soprattutto Rhythm & blues, rock, jazz e cantautori italiani.
Dato che anche mio padre è musicista ho avuto la fortuna di avere intorno molti strumenti musicali di ogni tipo come chitarre, tastiere, strumenti etnici. Anche mia madre ogni tanto cantava, a me e mio fratello, delle canzoni con la chitarra.

Nel suo percorso di studi e di crescita quali sono stati gli autori e artisti e i generi musicali che l’hanno maggiormente influenzata?
Da piccolo avevo dei tape che mi registrava mio padre e ricordo che, dai cinque ai dieci anni, la sera a letto ascoltavo con le cuffie la PFM, Battisti, De André, Beatles e tanta altra musica.
Ho iniziato lo studio della chitarra classica a dodici anni per poi passare alla chitarra blues e jazz. In questo periodo di studi ho ascoltato molto jazz, hard rock e progressive rock. Ero molto fanatico della tecnica e del virtuosismo.
Intorno ai diciassette anni, grazie ad un amico cantautore, Enrico Supertino, ho ricominciato ad ascoltare in profondità il cantautorato italiano e internazionale. In particolare ho grande stima per la poetica e la musica di Paolo Conte, forse anche dato dalla vicinanza territoriale.
Ho ascoltato molto Battisti, Dalla, Battiato, Luca Carboni, Vasco Rossi. E musicisti internazionali come Nick Drake, Neil Young, Stevie Wonder, Cat Stevens e in particolare il meno conosciuto Spinvis, cantautore olandese che ho scoperto nei due anni che ho abitato ad Amsterdam.
Della scena attuale italiana ho molta stima di Ex Otago, Dutch Nazari, Giovanni Truppi, Giorgio Poi, Colapesce, Cosmo. A livello internazionale, di Mac De Marco, Tame Impala, Homeshake, Post Malone. Ho una passione anche per la musica ambient e la musica corale.

“Da piccolo avevo dei tape che mi registrava mio padre e ricordo che, dai cinque ai dieci anni, la sera a letto ascoltavo con le cuffie la PFM, Battisti, De André, Beatles e tanta altra musica”.

Come è nato il testo di “Più ci penso”, la canzone con la quale ha vinto il premio Miglior testo dell’ultima edizione del Festival Bologna Musica d’Autore organizzato da Fonoprint? Quali i principali temi e motivi della sua attività autoriale e musicale?
La canzone "Più ci penso" parla di razionalità e irrazionalità. Nella mia vita l'irrazionale è sempre stato molto presente, e penso sia ciò che mi dà la forza di fare scelte difficili e a volte "pazze". Però un po' di razionale ci vuole, perché altrimenti… E’ un casino. In particolare, nella frase della canzone che dice: "ogni tanto mentre guardo le tue gambe, che sono così ferme, penso che vorrei un briciolo della tua stabilità", ho cercato di fare un riassunto di infiniti ragionamenti sul tema razionale-irrazionale.
Nelle mie canzoni il tema principale è il dubbio, quindi una costante ricerca che non viene mai soddisfatta del tutto, e ne parlo attraverso il rapporto uomo-donna o appunto il rapporto razionale-irrazionale.

Grazie alla vittoria si è aggiudicato una Borsa di studio al CET, Centro Europeo di Toscolano, la scuola di musica fondata dal grande Mogol. Cosa si aspetta da questa opportunità?
Sono molto felice di aver ricevuto un premio da Mogol in persona poiché la sua poetica mi è sempre arrivata dritta al cuore attraverso le canzoni di Battisti.
Non ho aspettative in particolare riguardo la scuola di Mogol, vado ad imparare qualcosa di nuovo per questo sarò come un foglio bianco. L'unica cosa sicura è che ne uscirò cambiato.

“Nella mia vita l'irrazionale è sempre stato molto presente, e penso sia ciò che mi dà la forza di fare scelte difficili e a volte "pazze". Però un po' di razionale ci vuole, perché altrimenti… E’ un casino”.

Un’ultima domanda, cosa c’è di importante nella sua vita oltre la musica e quale il suo “sogno nel cassetto”?
Le cose importanti sono l'amicizia, la musica e la famiglia. E spesso cerco di unire il tutto.
La scorsa estate, ad esempio, sono entrato in contatto con la realtà di Cascina Barbàn tramite il loro festival Boscadrà dove sono stato invitato a suonare. Dopo il festival ho deciso di restare per coltivare la campagna con loro ed è nata una forte amicizia. Tuttora sono spesso da loro come "woofer" (cioè facente parte del movimento WWOOF, World-Wide Opportunities on Organic Farms) e sto lavorando al mio prossimo album con Maurizio Carucci. Ogni tanto finito il lavoro in campagna ci mettiamo a comporre musica nella sala degustazione vini.
Il sogno nel cassetto ora è appunto finire questo nuovo album e pubblicarlo nel modo migliore possibile. Sono molto legato alla mia famiglia e ad alcuni luoghi come il Monferrato (dove sono nato), Torino cui sono molto affezionato, le Alpi e ultimamente anche l'Appennino ligure in particolare la Val Borbera dove vado spesso dagli amici di Cascina Barbàn.


Credits Irene Gittarelli